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Come si vende una casa su cui c’è un vincolo di prelazione culturale

Come si vende una casa su cui c’è un vincolo di prelazione culturale

Come si vende una casa su cui c’è un vincolo di prelazione culturale

Gruppo Giansereni 01 settembre 2022

Il vincolo di prelazione culturale è un particolare ostacolo nella regolare compravendita di un’abitazione. E sebbene non si traduca quasi mai in lungaggini e complessità operative, è bene cercare di comprendere che cosa accade nel caso in cui si debba procedere ad una compravendita di un bene immobile su cui ricade tale gravame.

In questo breve approfondimento cercheremo di comprendere che cos’è il vincolo di prelazione contrattuale e come portare a compimento in piena validità la propria operazione di trasferimento della sua proprietà.

Cos’è il vincolo di prelazione culturale

In brevità, il vincolo di prelazione culturale è un diritto in capo al Ministero dei Beni culturali, in grado di attribuire allo stesso il potere di acquistare un immobile che viene messo in vendita dal proprietario, e su cui vi è un interesse statale (architettonico, storico, artistico, e così via).

La legge prevede per i beni che ricadono in questo recinto una particolare procedura di compravendita, articolata in due fasi, finalizzata a permettere al Ministero di esercitare il suo diritto di prelazione e, di contro, irrogare le sanzioni previste in caso di mancato rispetto dell’obbligo.

Come si vende la casa con vincolo culturale

Come abbiamo anticipato qualche riga fa, se sull’immobile ricade un vincolo culturale è necessario passare attraverso due fasi distinte ma collegate.

Nella prima fase le parti procedono a stipulare un atto di compravendita condizionato, dinanzi al notaio. È questo l’atto che andrà denunciato al Ministero, permettendo all’ente competente di valutare se sia o meno il caso di procedere all’esercizio del diritto di prelazione.

Nella seconda fase, meramente dichiarativa, il notaio entro 30 giorni dalla compravendita deve comunicare al Ministero l’avvenuta stipula dell’atto. Parte da questo momento un termine di 60 giorni entro cui il Ministero può rispondere o, in caso di mancata risposta, subire il meccanismo del silenzio/assenso.

Dunque, solamente dopo l’avverata condizione sospensiva dei 60 giorni la parte promissaria acquirente può entrare in pieno possesso, e a tutti gli effetti, dell’immobile. Fino a quel momento il godimento e il possesso del bene ricadono invece sulla parte venditrice, che dovrà custodire l’immobile con la diligenza del buon padre di famiglia.

Il ruolo della banca

Ricordiamo infine che in caso di mutuo l’atto di finanziamento sarà stipulato contestualmente a quello di compravendita. Contrariamente a quanto avviene nella generalità delle transazioni, però, l’erogazione della somma da parte della banca non avverrà subito, ma solamente dopo che sono trascorsi 60 giorni dalla stipula dell’atto di compravendita e dalla denuncia dell’atto al Ministero da parte del notaio.

Nel raro caso in cui il Ministero dovesse esercitare il suo diritto, la parte venditrice riceverà lo stesso valore dell’immobile che era stato pattuito nell’atto di compravendita, senza subire dunque alcun pregiudizio da questo cambiamento di acquirente. Rimane però inteso che la parcella del notaio andrà regolata, anche se l’originario atto di compravendita condizionato non è trovato alcuno sbocco formale nell’effettivo trasferimento del bene al vecchio promissario acquirente.

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